PCT ep. 7: Caro derby!
Non è facile per me scrivere e parlare di questo tema. Ammetto di aver provato con mano, per diversi motivi, un vero e proprio blocco dello scrittore. Che poi scrittore non sono, chiedo scusa alla categoria.
Così, per superare questa impasse, ho optato per la cosa più semplice: scrivere in prima persona. Un “Caro Diario”, anzi ‘Caro Derby”. Proprio per il privilegio che ho di averne giocati tanti e perché credo che sia un discorso estremamente personale, lo affronterò così, come ognuno ha la sua esperienza, e per fortuna siamo tanti. Sono certo che ognuno avrebbe la sua storia da raccontare. La sua storia, del vero derby, non della Granda, ma della nostra città. Due domeniche all’anno Savigliano diventa, un po’ come a Bologna, Basket City: c’è Amatori Basket contro Gators.
A Bologna ci sono stato qualche mese fa, ho potuto capire una cosa che accumuna i tifosi della Virtus e quelli della Fortitudo: si odiano. Oh ragazzi, non ve ne fate un’idea. Non si possono proprio vedere. Mentre ne parlavo, nella testa sorridevo: diciamocela tutta, non a quei livelli, ma qui sotto la Torre Civica anche, di baci e abbracci pochi, pure.. Ma qui non si parla di vicende societarie. È la storia di una partita, slegata davvero da tutto: 80 minuti all’anno, salvo supplementari, che catapultano in un cosmo a parte la Savigliano degli appassionati di questa benedetta palla a spicchi.
Ho avuto la fortuna di esserci in quasi tutti. Non ho giocato il primo derby della storia, annata 2010-11 e non giocherò il prossimo, l’ultimo quindi in ordine di tempo.
Questi 10 anni di derby li ho quindi visti e vissuti tutti dal campo. E vi assicuro che ne ho viste di ogni.
Ho visto due squadre con i colori sociali uguali e negli ultimi anni la mutazione dell’alligatore nel suo colore naturale, contornato dal bianco. Ed il bianco e rosso delle divise ABS con un nuovo logo sopra. Gli aneddoti sono davvero mille. Ad esempio, lo sapevate che il nostro new logo è opera d’arte di Diego Botto, mio amico e socio di SaviJam nonché ex pantera ma da anni in forza proprio ai Gators? È anche una storia di tanti incroci, infatti.
Ed è, udite udite, una storia di unione. Caro Derby, hai questo potere. No, non sono ubriaco. Pensateci.
Per una sera, tutti gli attori: i giocatori, allenatori, i tifosi ed appassionati, si rendono inconsciamente protagonisti di una unione vera e propria. Unione per il basket, per lo sport. A mio parere questo è un vero miracolo, specie se pensiamo che accade in un campionato di Serie D Regionale del Piemonte.
Ognuno tifa la sua squadra, difende i propri colori in campo ma permette a Savigliano di essere una isola felice del basket, amatoriale ed in generale.
C’è proprio tutto. La tensione, la giusta rivalità sportiva tra le squadre. C’è il palazzetto pieno. Tra una settimana, quando lo giocheremo in casa, questa sarà la cosa che senz’altro mi mancherà di più. Gli spalti quasi completamente vuoti.
Mi torna sempre in mente la frase più vera di tutte che sempre era solito ripetere, nei tanti anni in cui mi ha allenato, il nostro storico Coach Roscoe, Enrico Testa, nel discorso pre-partita: “Ragazzi, queste sono le partite belle da giocare. Siete dei privilegiati a poterlo fare. Ogni singola persona che vi guarda dagli spalti, che vi tifa da casa, vorrebbe allacciarsi le scarpe da basket e giocare questa partita.” È la verità. La pura verità. Penso che tutti coloro che lo giocano o lo hanno giocato possano condividere questo mio pensiero.
Come esci dallo spogliatoi, senti il calore dei tifosi percepibile da subito, un’ora prima della partita: prima pochi, poi pian piano sempre di più fino a terminare i posti a sedere. Trombette, cori, tamburi. Wow.
Letteralmente ti senti un giocatore di basket “serio”, tipo professionista per un giorno.
E le gambe tremano sempre un po’, è un’altra verità quella che ogni derby è come il primo. Almeno per quanto mi riguarda.
Ma ognuno è diverso. Praticamente tutti gli avversari sono stati miei compagni di squadra. Specie nei primi anni, quando facevo il giovane aggregato e davo un grandissimo contributo, a scaldare il posto in panchina. Però almeno quando si sedevano poi Nasa o Sabo, lo trovavano caldo! Trovarci solo un anno o due dopo a darcele di santa ragione in campo, ammetto ha fatto un certo effetto.
Ho davvero visto tante cose belle, in campo sempre direi, al di là della cifra tecnica delle squadre o dei singoli giocatori. Molto rispetto, tanto agonismo. Perché non è mai una partita come le altre e l’intensità in campo lo ha sempre dimostrato. C’è quel qualcosa in più, inutile negarlo.
Sugli spalti un tifo scatenato ed accorato. Anche alcune polemiche da ambo le parti non sono mancate negli anni. Ma senza mai andare oltre, direi che sono anche esse il sale di questa competizione.
Che poi, paradossalmente giocano contro le stesse persone che si potrebbero tranquillamente sfidare al campetto d’estate. Ho sempre avuto la fortuna di giocarlo con amici fraterni, i miei compagni di squadra. E tanti ex compagni appunto, ma amici allo stesso modo.
Si pensi che i primi anni le due squadre organizzavano addirittura il terzo tempo in stile rugbystico. Poi le cose sono un po’ cambiate.
Il derby è un dono del basket alla nostra Savigliano. Se ci rifletti un attimo, capisci come questo sport coinvolga a vario titolo e ruolo così tanti appassionati. Al nostro livello, in zona e direi forse in tutta la regione, non ho mai visto un altro esempio pari.
Sì, vabbè Endo, ora basta raccontare i ca**i tuoi: questo derby come va, albo d’oro. Beh, direi male per noi pantere. 10 derby persi di fila. Riversando il famoso motto sui derby, in casa nostra verrebbe da dire: “i derby non si giocano, si perdono!” Un po’ di autoironia non guasta mai.
È proprio una storia a se, non sempre poi la più forte nel corso della stagione ha ottenuto i risultati migliori.
Si pensi che nell’anno in cui i cugini hanno iniziato ad inanellare la loro serie di vittorie consecutive, battendoci per la 1a volta al Ferrua, i giovani D Boys (dell’anno del Leicester, 2015-16) sfiorarono poi la promozione in C Silver, contro il Trino che aveva eliminato gli stessi Gators al turno precedente. Ebbene si, la finale per la promozione poteva essere il Derby. Sarebbe stato bello, ma immagino che avrei avuto un po’ d’ansia. Giusto un pelo…
Nell’anno del primo derby, i Gators, che avevano il nostro C Silver Baruz tra i protagonisti, da neopromossi sfiorarono loro il salto di categoria.
Ho perso derby da favorito, ne ho vinti da sfavorito. La tristezza per la sconfitta e la gioia per la vittoria sono sempre state le stesse però. Quest’ultima sensazione piacerebbe a tutte noi pantere riprovarla presto.
Per cui a cercare di invertire la tendenza tocca ora ad un gruppo davvero giovane: i giocatori passano ma il derby resta lì, salvo promozioni e, si spera di no per entrambe le squadre, retrocessioni.
La Young-D quest’anno ha perso all’andata vendendo cara la pelle. Sarebbe bello ed anche romantico rivincere il derby dopo tanti anni con questa squadra, in casa. Dall’altra parte un gruppo altrettanto giovane guidato però da giocatori navigati e di livello (a proposito di Derby che cresce, il veterano e totem Valter Nicola gioca coi suoi due figli!) . È significativo oltre che giusto che questi giovani ragazzi possano provare l’emozione di giocare una partita come questa. Un onore ma senz’altro anche un onere. Come detto, sicuramente un privilegio da ripagare con ogni singola goccia di sudore lasciata sul parquet.
Unite, not divide: questo potrebbe essere nei fatti il motto del derby. Sì, perché ci sono amici che ci hanno accompagnato nel viaggio che ce lo ricordano e che ci hanno lasciato, pur restando con noi : ricordo bene come Nico Sena affrontasse questa sfida con grande sportività e rispetto. Appo, che ha saputo unirci avendo fatto parte tanto della famiglia delle Pantere come di quella Gators.
I giovani ragazzi che compongono le due squadre sono amici fuori dal campo e consumano il playground d’estate giocandoci ogni pomeriggio, fino a sera. La storia continua e si rinnova. E bello che è.
Quindi, è di nuovo la “settimana santa”, Caro Derby.
Tutti online e purtroppo non sugli spalti, con immutata passione, a tifare, gioire e soffrire.
Soprattutto a divertirci.
Ah, per i miei compagni: se poi si vince è meglio.
Andrea Eandi